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Detta anche Jack. Insolito, ma vero.

martedì 31 luglio 2012

Come un pozzetto cieco

Tremo. 

Tremo sempre un po' quando pur costretta a non cambiare espressione, accolgo un pensiero non voluto.

Tremano le mani, tutto il resto è fermo e solido, ma le mani tremano. Dura pochi minuti, a volte è solo questione di momenti.

Solitamente mi basta camminare un po' e la tensione scende, cala. E' come se dimenticassi chi sono per pochi minuti: come sorrido delle cose che mi sembrano buffe e quante strane espressioni faccio delle cose che mi sorprendono. E' come se dimenticassi quanto possa incantarmi e quanto poi disincantarmi delle meraviglie che incontro. E' come se non sapessi più chi fosse quel bell'io, così come qualcuno si è divertito a definirlo oggi. E' come se per quei momenti io non fossi più io, fuori da me, distratta e ferma, e non riconoscessi lo stesso odore della mia pelle.

Img © Claudio Del Monte - Frammentisimili.it

Ed è camminando che ritrovo quell'odore, che si respira nei luoghi che ho sentito più intimamente miei, in cui ho lasciato distrattamente cadere capelli come briciole su un sentiero che riporta a casa. E capisco che troppo fragilmente vacillo, in preda al nulla, a timori banali e a pensieri non voluti.

Troppo facilmente, sempre tesa alla necessità di affermare e riaffermare, quando non serve. E troppo facilmente dimentico la libertà con cui posso stare di fronte a me stessa, la sensazione di pienezza che non mi ha mai abbandonato. Troppo facilmente dimentico.

Senza memoria, senza valore, senza peso.

Come un pozzetto cieco.

giovedì 26 luglio 2012

Dicono che sia poco romantico

Ti ho sempre baciato con gli occhi aperti, almeno un po'. Anche la prima volta.

Si, dicono che sia poco romantico, lo so. Per una questione di "trasporto", dicono.
Ma io ero incredula. Che tu fossi lì, che ci fossi anche io. Che io fossi stata così tanto tenace e tu così incredibilmente sfacciato. 



Avevo proprio bisogno di vedere che c'eri, di riempirmi gli occhi di quel momento che non sapevo se e quando si sarebbe ripetuto e poi, in realtà, neanche mi sembrava fosse fondamentale saperlo.

C'era qualcosa che ci aveva spinto ostinatamente a quel momento, quasi come una forza gravitazionale sul quel marciapiede, in una città lontana.
Ed era tanto abbastanza da tenerci incollati l'uno all'atra.

Gli occhi, aperti, si riempivano di tutto questo, avidi.

Dicono che sia poco romantico.

Dicono.

Sbagliano.

domenica 15 luglio 2012

Le regole del gioco che fai con la tua ombra



E' come se arrivasse poi, improvvisamente, qualcuno a mischiare tutte le carte sul tavolo e tu, che stavi giocando da così tanto e avevi imparato perfettamente tutte le regole di quel gioco non potessi far altro che saltare in piedi nervosamente.

E pontifichi e piangi e poi discuti e ti arrabbi.

Ma non ti fermi mai. Non sai bene se sia inerzia, ostinazione o tenacia. Ci sono giorni in cui ti lasci portare dal disordine, aspettando solo che passi quel momento, e altri in cui caparbiamente metti tutta te stessa in quell'unico passo avanti che farai. 

E così finisci per ritrovarti a camminare verso casa una notte d'estate a Milano, e ti misuri con l'ombra che ti disegna sul pavimento. Vedi i tuoi capelli corti, la canottiera lunga che cinge un pò i fianchi e tende a segnare bene ogni curva anche nel riflesso definito sul marciapiede. 

Ascolti la tua musica in cuffia e mentre la testa dondola pensi che ritrovarsi a parlare del nulla sul divano di un'amica, fare le scale di corsa in discesa e cantare nell'androne del palazzo per sentire l'eco della tua voce, è decisamente diverso da tutto quello che ti saresti aspettata, ma ti riconosci.

Ti chiudi alle spalle la porta e giri la chiave tante volte quante puoi per poi appoggiarti sfinita alla parete e togliere le scarpe, finalmente.

Quella nell'ombra non sembreresti neanche tu a tante persone, ma forse, il trucco era proprio tutto lì, ricordarsi che di regole non ce ne sono. Non ce ne sono mai state.